mercoledì 18 marzo 2015

La giostra dell'inciviltà

Vai a prendere un treno carico di pendolari, aspetta che arrivi, osserva il movimento delle persone quando il treno sta per arrestarsi. Vedi? Vedi che si ammassano davanti alla porta e a fatica fanno passare chi esce dal treno? Qualcuno si affolla sul lato destro e qualcun altro sul lato sinistro della porta. Tu arrivi, da persona educata e rispettosa, ti metti in fila scegliendo uno dei due lati. Stai certo, arriverà sempre qualcuno che ignorando la fila si intrufolerà nel mezzo, passando davanti a te e ad altre persone in attesa di entrare. Un uomo prepotente? Uno studente che se ne frega di te? Non importa. Lo fa perché così avrà più possibilità di trovare uno dei pochi posti a sedere. 

Poi se ti capita, fai lo stesso esperimento in altre città. Ragionaci sopra, rifletti. 

La morale sta tutta in quella decisione iniziale: me ne fotto degli altri oppure rispetto gli altri? 

Non ci sono vie di mezzo e la morale non ammette "perchè". La morale è nell'atto stesso. Non può prescindere da un motivo secondario. Non puoi dire: "beh si tratta di un posto sul treno; è meno grave del caso di un uomo che ottiene una raccomandazione perché suo figlio ottenga un lavoro a discapito magari di uno più bravo e meritevole". 

Non lo puoi dire. 

Poi viene tutto il resto. 
Quindi ... 
Quindi ... 

Si, puoi dire, ad esempio: togliamo di mezzo tutta la classe politica e dirigente e sostituiamola. Rinnovamento! Rottamazione! Evviva! Evviva!

Ma ...

Prima o poi, una di quelle persone che ti ha superato in fila, magari diventa ministro o dirigente pubblico. Lui ha capito che quel modello di comportamento è vincente, lo ha sperimentato su di sé. 

E si ricomincia da capo ... 
Rifletti, rifletti ... 


venerdì 13 febbraio 2015

Il dolore

Posso chiamarti per nome 
pensare alla luce che ci separa  
contare i frammenti che ci separano 
o stoltamente affrettare il passo 
e di volta in volta 
guardare ogni pietra da calpestare 
e ogni pietra calpestata. 

Posso colpire il mio corpo 
fino a svenire 
o semplicemente cercare l'ultima uscita. 

Posso brindare alla morte 
in buona compagnia 
o con i soliti fantasmi. 

Tu rimani lì, a fissarmi 
indifferente. 
Ad ogni riflesso, ad ogni passo. 
Come un pagliaccio divertito 
senza alcun rimorso. 

Tu dolore infame. 

Non è la fine, non è la morte, 
non è la caduta, non è la fine dell'applauso.
Nulla di questo chiude l'opera, 
perché l'opera è già finita. 

E il pensiero rimane, 
stordito,
appiccicato al corpo ancora caldo, 
come la corda all'appeso. 

Andate via! Qui non c'è nulla da vedere.